La riforma del lavoro in tema di licenziamento: PARTE I
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- Pubblicato: Lunedì, 07 Maggio 2012 11:04
- Scritto da Avv. Vincenzo Longhitano
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PARTE I
La riforma sul lavoro apporterà delle significative modifiche all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori cercando di portare la normativa italiana in linea con quella vigente in altri paesi europei.
Bisogna premettere che in assenza della crisi generalizzata che ha colpito il nostro paese difficilmente si sarebbe potuta, anche solo concepire, una modifica a tale disciplina orientata in tale senso.
Giungendo concretamente alle modifiche apportate si rileva subito che la tutela della reintegrazione nel posto di lavoro non viene eliminata, ma subisce un notevole indebolimento.
Occorre analizzare separatamente il licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo ed alcuni tipi di licenziamenti disciplinari.
Nel primo la tutela della reintegra non mantiene più la caratteristica della automatica applicabilità e viene devoluto al giudice il potere discrezionale di erogarla o meno.
Qualora, infatti, il giudice del lavoro reputi che tale tipo di licenziamento (c.d. licenziamento economico) non sia giustificato, in quanto viene rilevata la manifesta infondatezza della motivazione economica addotta, eglipotrà ordinare la reintegrazione del lavoratore.
Il giudice dovrà invece disporre la reintegra solamente nelle seguenti ipotesi:
Al lavoratore resta comunque la possibilità di scegliere in luogo della reintegrazione nel posto di lavoro un’indennitàsostitutiva pari a 15 mensilità di retribuzione non assoggettati a contribuzione previdenziale.
Diritto alla reintegrazione a parte, al lavoratore in tali ipotesi spetterà altresì un risarcimento del danno patito entro il massimo di 12 mensilità retributive ( e non più ad una somma minima di 5 mensilità) al netto della somma percepita o percepibile nel periodo compreso tra la data del licenziamento e quella della reintegrazione.
In tutte le altre ipotesi in cui il giudice riterrà non sussistenti i giustificati motivi soggettivi od oggettivi dichiarerà risolto il contratto di lavoro ed erogherà una indennitàomnicomprensiva compresa tra le 12 e le 24 mensilitàdell’ultima retribuzione.
Tale importo verrà quantificato tenendo conto dell’anzianitàdel lavoratore, del numero di dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica e del comportamento delle parti.
Non subisce modifiche invece la disciplina del licenziamento nullo in caso di recesso intimato per motivi discriminatori (credo politico, fede religiosa, appartenenza a determinati sindacati, lingua, sesso, età, handicap, ecc.).
Il lavoratore in tali ipotesi potrà scegliere se essere reintegrato o se percepire un’indennità sostitutiva pari a 15mensilità ed inoltre avrà diritto al risarcimento del danno subito.
Assimilabile a tale disciplina sono: il licenziamento ritorsivo, quello intimato per motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 (ossia quello derivante dalla reazione del datore di lavoro ad un comportamento legittimo del lavoratore) e quello inefficacie perché intimato in forma orale.
Per quanto attiene la quantificazione dell’indennitàrisarcitoria si rileva che secondo la disciplina novellata bisognerà dedurre quanto percepito dal lavoratore nel periodo di estromissione per lo svolgimento di altra attivitàlavorativa.
Il nuovo assetto sul licenziamento per motivazione economica dovrebbe consentire, a parere del legislatore, da un lato ai datori di lavoro di svincolarsi in modo meno gravoso dal lavoratore il cui costo non è più affrontabile dall'azienda e dall’altro, in un periodo in cui la dimostrazione del dissesto economico è facilmente espletabile, una soluzione per evitare il licenziamento indiscriminato.
Analizzeremo in seguito le criticità di tale riforma e la disciplina che reintroduce una sorta del recentemente abrogato tentativo di conciliazione.
LEGGI LA PARTE SECONDA di questo articolo: RIFORMA DEL LAVORO PARTE II