Abrogazione delle tariffe professionali: liberalizzazioni e obbligo del preventivo.

Pubblicato: Venerdì, 03 Febbraio 2012 07:00
Scritto da Avv. Vincenzo Longhitano
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Il decreto liberalizzazioni, come noto, ha introdotto una serie di novità per professionisti come gli avvocati soprattutto in relazione al compenso economico, andando ad abolire in primo luogo le tariffe professionali ed imponendo al professionista di rilasciare un dettagliato preventivo al nuovo cliente per le attività che si andranno a svolgere.

Con tali misure si mira ad ampliare la concorrenza e quindi a livellare le tariffe, rectius i compensi, e far sì che il cliente, nel momento in cui conferisce il mandato professionale, abbia contezza dei costi che dovrà sopportare. Le modifiche hanno determinato non poco stupore ed incertezza soprattutto per la categoria degli avvocati, i quali si vedranno privati di ogni benchè minimo parametro di riferimento utile a quantificare il corrispettivo dovuto per ogni singola attività svolta.

Da segnalare però che, pur avendo la riforma quale obiettivo quello di far aumentare la concorrenza e far calare i prezzi, al cliente verrà a mancare l’unico mezzo col quale gli era possibile valutare se la parcella presentatagli dall’avvocato fosse equa.

Diventerà quindi indubbiamente più complicato contestare gli importi indicati e il cliente potrà solamente appigliarsi al preventivo redatto dall’avvocato, le cui criticità verranno a breve esaminate.

In ogni caso, risultando tuttora vigente la previsione dell’art. 14 del r.d.l. n. 1578/1933 e comunque in considerazione di quanto dispongono gli artt. 2233 cod. civ. e 636 cod. proc. civ, pare corretto ritenere che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati conservi il potere di rendere i pareri circa la congruità dei compensi.

Non è tuttavia chiaro di quali parametri quest’ultimo possa avvalersi, atteso che le tariffe sono state abolite e così anche i minimi ed i massimi.

Per quanto attiene l’abrogazione delle tariffe si creano inoltre particolari problemi anche per i giudici i quali, nella liquidazione degli onorari giudiziali, non potranno più fare riferimento al vecchio tariffario. In particolare, nell’espletamento di tale incombente, gli organi giudicanti dovranno avvalersi degli importi appositamente stabiliti dal Ministero vigilante, in questo caso il Ministero della Giustizia.

Il problema è però che il Legislatore, nell’emanare il relativo decreto ministeriale, non ha fatto uso della medesima celerità con cui ha deciso di abrogare i tariffari professionali e a tutt’oggi del decreto non vi è traccia. In attesa dell’emanazione di detto decreto ministeriale, la mancanza di tali parametri comporta un’impasse applicativa di non poco conto, atteso che la liquidazione degli onorari giudiziali costituisce per i giudici un incombente di routine da compiere una miriade di volte al giorno.

Nel vuoto legislativo, il giudice dovrà comunque provvedere alla liquidazione degli onorari giudiziali secondo equità e questo determinerà indubbiamente considerevoli disparità di trattamento visto che per esempio per un decreto ingiuntivo di medesimo valore un Giudice di Torino liquiderà 100, uno di Milano 130, uno di Genova 80 e così via. La disparità di tale trattamento non sarà comunque addebitabile ai Giudici, atteso che in assenza di un tariffario sarebbe iniquo pretendere che questi ultimi liquidino importi identici.

E proprio in merito a tal punto è stata appena sollevata questione di legittimità costituzionale da parte di un Giudice del Foro di Cosenza, il quale ritiene, correttamente a parere di chi scrive, che il vuoto normativo non sia colmabile dal Giudice con una pronuncia secondo equità e che determini discriminazioni fra i cittadini e limiti il diritto di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione. Difficilmente la Corte Costituzionale, oberata di lavoro a causa dell’imperizia e dell’atecnicità degli ultimi Legislatori succedutisi, riuscirà a pronunciarsi in tempi brevi e quindi, a meno di una rapida emanazione del decreto ministeriale, la situazione è destinata a restare invariata.


 

E’ anche facile prevedere che in una situazione del genere non saranno pochi i Giudici che, per evitare di errare, procrastineranno l’incombente in attesa di quello che andrà a costituire di fatto un nuovo tariffario applicabile solo dagli organi giudicanti.

Infatti, il professionista non potrà comunque utilizzare gli importi che verranno indicati nell’emanando decreto ministeriale a pena di nullità del contratto stipulato con consumatori e microimprese con cui viene previsto il compenso. L’assurdità è però che in tal caso il professionista non potrà che rivolgere istanza al giudice affinchè questi liquidi gli onorari professionali non facendo altro che applicare lo stesso tariffario che l’avvocato non può utilizzare (sic! - ndr).

Nel caso in cui, invece, il cliente non sia un consumatore od una microimpresa l’avvocato potrà, nel redigere la parcella, mutuare i criteri e parametri che verranno stabiliti dal Ministero.

Accade di frequente, inoltre, come ad esempio nel deposito di un ricorso per decreto ingiuntivo, che l’avvocato chieda la liquidazione delle spese attenendosi all’abrogato tariffario.

Dall’entrata in vigore del decreto liberalizzazioni però tale prassi non potrà più essere utilizzata.

Quindi? Come comportarsi in riferimento a tal punto al momento della redazione di un decreto ingiuntivo o al momento del deposito di una nota spese?

Per quanto attiene le attività svolte prima del 24 gennaio 2012 sarà possibile allegare una nota di proposta di liquidazione del compenso che dovrà essere liquidato ad opera del Giudice sulla base delle defunte tariffe e per quanto attiene le attività svolte successivamente a tale data si potrà, in attesa dell’emanazione del decreto ministeriale che stabilirà i nuovi parametri utili a redigere la parcella, fare un indicativo riferimento alle abrogate tariffe.

Il Consiglio Nazionale Forense ritiene che tale soluzione sia “altresì confortata dal fatto che, restando in vigore l’art. 2233 cod. civ. che, oltre alle tariffe fa riferimento agli usi, nel concordare il compenso le parti possono fare riferimento a quanto normalmente praticato fino ad oggi”.

Il problema resta però nel caso in cui l’attività professionale sia svolta dopo il 24 gennaio 2012 nei confronti di un consumatore o di una microimpresa, che costituiscono una buona parte se non la maggioranza di chi si avvale dell’opera di un avvocato.

Ad ogni modo, il Consiglio Nazionale Forense consiglia di commisurare il compenso all’importanza dell’opera e contenere le voci di costo (che potranno essere anche diverse da quelle già previste nelle tariffe) comprensive di spese, oneri e contributi.

Di tale ultima indicazione l’avvocato dovrà fare uso anche nella redazione del preventivo delle spese che dovrà presentare ai nuovi clienti.

Nello svolgere tale incombente l’avvocato dovrà indicare al cliente la complessità dell’incarico e dovrà comunicare i dati della polizza assicurativa per gli eventuali danni arrecati nello svolgimento dell’attività forense; dovrà perciò tentare di ipotizzare - compito più arduo! - gli oneri che sarà tenuto a porre in essere in esecuzione del mandato.

Vista la evidente difficoltà per il difensore di fare fronte a tale impegno, occorrerà provvedere all’inserimento nel preventivo di clausole di salvaguardia che facciano salve le circostanze non previste e non prevedibili dalle parti che necessiteranno di un'integrazione del compenso pattuito, il quale dovrà essere rinegoziato.

Solo a richiesta del cliente il preventivo dovrà essere reso in forma scritta, e qualora tale documento venga sottoscritto dal cliente stesso, esso è idoneo a costituire la base del contratto di prestazione d’opera professionale.

Non sarà possibile, a parere del Consiglio Nazionale Forense, esigere dal professionista in ogni possibile tipo di controversia lo stesso grado di analiticità nella redazione del preventivo e si dovranno indicare valori di massima, prevedibili secondo la diligenza professionale nel momento in cui il mandato viene conferito. Il professionista, per cercare di realizzare un preventivo nel modo corretto, potrà delineare varie strade ed esiti alternativi in cui la controversia possa incanalarsi indicandone i relativi costi.

Sarà lecito indicare nel preventivo un eventuale palmario (premio ragionevole conferito all’avvocato in caso di buon esito della controversia), un patto di quota lite, una somma forfettariamente stabilita per ogni attività da svolgere oppure una eventuale tariffazione oraria della prestazione.